Marzo 2023 – Autorizzazione paesaggistica e principi procedimento

L’autorizzazione paesaggistica e i principi su cui è improntato il procedimento

 

Tra gli strumenti posti dal legislatore volti alla tutela del paesaggio riveste un ruolo fondamentale l’autorizzazione paesaggistica mediante la quale l’autorità amministrativa esercita un controllo circa la compatibilità, in riferimento alla salvaguardia dei valori di identità del territorio, dei progetti delle opere da realizzare nelle aree vincolate.

La regolamentazione del potere autorizzatorio in materia paesaggistica è il risultato di una costante evoluzione normativa volta a contemperare l’esigenza pubblicistica all’integrità del paesaggio e la salvaguardia delle facoltà connesse al diritto dominicale dei beni sottoposti a vincolo che, talvolta, legittima la compressione dello ius aedificandi in favore della tutela di interessi paesaggistici ed ambientali. In via generale, la sussistenza di un vincolo paesaggistico ha l’effetto di determinare un regime di inedificabilità relativa che comporta l’assoggettamento alla preventiva delibazione dell’autorità preposta alla tutela del bene protetto, di ogni progetto concernente la trasformazione e l’uso del bene.[1]

Gli interventi incidenti sul paesaggio possono ricadere sotto diverse discipline a seconda del rispettivo tipo: vi sono interventi assoggettati a regime autorizzatorio cd. «ordinario» di cui all’articolo 146 del «Codice dei beni culturali e del paesaggio»; interventi cui si applica il procedimento autorizzatorio «semplificato» e interventi “liberi”, cioè esclusi dall’obbligo di autorizzazione.

L’articolo 146, rubricato «Autorizzazione» e inserito nel capo IV «Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela» del Codice, viene annoverato tra le disposizioni portanti dell’intero impianto codicistico dal momento che, nel disciplinare il regime e le modalità per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica obbligatoria, persegue la finalità di «garantire una concreta ed efficace azione impositiva al regime vincolistico predisposto dall’ordinamento».[2]

Più nel dettaglio, l’articolo 146, al primo comma stabilisce che «i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione», avendo «l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall’avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione», come disposto dal secondo comma.

La previsione della documentazione posta a corredo dell’istanza è preordinata proprio alla «verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato» (articolo 146, comma 3). L’importanza di tale verifica è sottolineata dalla previsione secondo cui essa costituisce «atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio» ed è anche il motivo per cui, fuori dai casi di cui all’articolo 167, comma 4 e 5 del Codice, è preclusa la possibilità di rilasciare l’autorizzazione in sanatoria successivamente alla realizzazione degli interventi (articolo 146, comma 4).[3]

Soffermandosi ora sulla disamina degli aspetti procedimentali, il comma quinto stabilisce che «sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, ai sensi del comma 1, salvo quanto disposto all’articolo 143, commi 4 e 5[4]. Il parere del soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d)[5], nonché della positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della regione interessata, dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante ed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione».

A mente del comma sesto «la regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali» potendo tuttavia «delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia».

Il successivo comma settimo prevede che «l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ricevuta l’istanza dell’interessato, verifica se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 149, comma 1, alla stregua dei criteri fissati ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d)», stabilendo che «qualora detti presupposti non ricorrano, l’amministrazione verifica se l’istanza stessa sia corredata della documentazione di cui al comma 3, provvedendo, ove necessario, a richiedere le opportune integrazioni e a svolgere gli accertamenti del caso». Successivamente, «entro quaranta giorni dalla ricezione dell’istanza, l’amministrazione effettua gli accertamenti circa la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall’interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché con una proposta di provvedimento, e dà comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento e dell’avvenuta trasmissione degli atti al soprintendente, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo».

In virtù del disposto di cui al comma 8 dell’articolo 146 cit., «il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140 , comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti» e che, in caso di parere negativo,  comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della l. n. 241/1990; «entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità».

In proposito, la giurisprudenza ha evidenziato che «il contraddittorio tra le parti pubbliche e private nel procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica si distingue per una peculiare declinazione dei principi della collaborazione e della buona fede cui è improntato il rapporto amministrativo (art. 1 co. 2-bis l. n. 241/1990), i quali, in presenza di ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza, debbono assumere la veste del c.d. «dissenso costruttivo», vale a dire dell’obbligo delle amministrazioni coinvolte di collaborare lealmente con la parte privata per consentirle di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori tutelati dal vincolo. Tale obbligo non si traduce, evidentemente, nel farsi carico delle modifiche occorrenti a conformare il progetto, ma nel fornire all’interessato le indicazioni necessarie per orientarsi con cognizione di causa fra le più alternative praticabili in astratto, nella ricerca della soluzione compatibile con la disciplina vincolistica» (T.A.R. Firenze, (Toscana) sez. II, 21 marzo 2022, n. 353).

I poteri sostitutivi in caso di inerzia di una o più amministrazioni partecipi al procedimento sono disciplinati dal nono e dal decimo comma, i quali sanciscono rispettivamente che «decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione»[6] e che «decorso inutilmente il termine indicato all’ultimo periodo del comma 8 senza che l’amministrazione si sia pronunciata, l’interessato può richiedere l’autorizzazione in via sostitutiva alla regione, che vi provvede, anche mediante un commissario ad acta, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora la regione non abbia delegato gli enti indicati al comma 6 al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, e sia essa stessa inadempiente, la richiesta del rilascio in via sostitutiva è presentata al soprintendente».

Posto che la procedura sin qui descritta attiene al procedimento cd. «ordinario», si rileva che il medesimo comma 9 detta un’ulteriore prescrizione che assume notevole importanza alla luce di quanto si dirà nel prosieguo in relazione al procedimento cd. «semplificato», prevedendo che «con regolamento da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , entro il 31 dicembre 2008, su proposta del Ministro d’intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , sono stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19 , comma 1 e 20 , comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni»: in attuazione di tale disposizione è stato invero emanato il D.P.R. n. 139 del 2010[7], oggetto di successiva abrogazione da parte del regolamento di cui al D.P.R. n. 31/2017[8].

Nel concludere l’analisi del procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, da ultimo, si evidenzia che ai sensi del comma 11 «l’autorizzazione paesaggistica è trasmessa, senza indugio, alla soprintendenza che ha reso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente allo stesso parere, alla regione ovvero agli altri enti pubblici territoriali interessati e, ove esistente, all’ente parco nel cui territorio si trova l’immobile o l’area sottoposti al vincolo».

 

[1] Cfr. G. GUZZO – E. DEL GRECO, La tutela del paesaggio: tra quadro normativo e giurisprudenziale e criticità di sistema, in LexItalia.it, 2017, p. 15.

[2] Così M.R. Spasiano, Commento all’art. 146, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, 2019, 1306.

[3] Per un approfondimento su questi aspetti si rinvia, in particolare, al paragrafo 6 e 7.

[4] Si ricorda che l’articolo 143 («Piano paesaggistico») al comma 4 sancisce che «il piano può prevedere:

  1. la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell’articolo 142 e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli articoli 136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;
  2. la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 146».

Il comma quinto della norma stabilisce che «l’entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 4 è subordinata all’approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 145, commi 3 e 4».

[5] L’articolo 140 – rubricato «Dichiarazione di notevole interesse pubblico e relative misure di conoscenza» – al comma secondo prescrive che «la dichiarazione di notevole interesse pubblico detta la specifica disciplina intesa ad assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti e caratteri peculiari del territorio considerato. Essa costituisce parte integrante del piano paesaggistico e non è suscettibile di rimozioni o modifiche nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo».

L’articolo 141 – rubricato «Provvedimenti ministeriali» – al primo comma stabilisce che «le disposizioni di cui agli articoli 139 e 140 si applicano anche ai procedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 138, comma 3. In tale caso i comuni interessati, ricevuta la proposta di dichiarazione formulata dal soprintendente, provvedono agli adempimenti indicati all’articolo 139, comma 1, mentre agli adempimenti indicati ai commi 2, 3 e 4 del medesimo articolo 139 provvede direttamente il soprintendente».

L’articolo 141-bis – rubricato «Integrazione del contenuto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico» – sancisce che «il Ministero e le regioni provvedono ad integrare le dichiarazioni di notevole interesse pubblico rispettivamente adottate con la specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2», riconoscendo al comma secondo il potere sostitutivo del Ministero «qualora le regioni non provvedano alle integrazioni di loro competenza entro il 31 dicembre 2009» ed affermando al comma terzo che «i provvedimenti integrativi adottati ai sensi dei commi 1 e 2 producono gli effetti previsti dal secondo periodo del comma 2 dell’articolo 140 e sono sottoposti al regime di pubblicità stabilito dai commi 3 e 4 del medesimo articolo».

L’articolo 143 («Piano paesaggistico»), come evidenziato, stabilisce al primo comma che l’elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno «[…] b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli articoli 140, comma 2, e 141-bis;

  1. c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;
  2. d) eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1; […]».

[6] Per un approfondimento su questo aspetto si rinvia, in particolare, al paragrafo 4.

[7] Rubricato «Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell’articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni».

[8] Per un approfondimento su questo aspetto si rinvia, in particolare, al paragrafo 8.