Eccettuate le limitate fattispecie previste dall’esaminato comma 4 dell’articolo 167 del D.lgs. n. 42/2004, in presenza di un vincolo paesaggistico è precluso il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex articolo 36, del D.P.R. n. 380/ 2001, stante il divieto di autorizzazione paesaggistica postuma previsto dall’articolo 146.
In proposito, la recente pronuncia Cassazione n. 554/2023 ha ricordato che «la concessione rilasciata a seguito di accertamento di conformità (art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti; non estingue i reati paesaggistici previsti dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa, rispetto a quella che riguarda l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio» (Cassazione Penale, sez. III, 11 gennaio 2023, n. 544).
Ciò posto, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, «il rilascio postumo dell’autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita ai sensi dell’art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consente la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l’emissione dell’ordine di rimessione in pristino dell’immobile abusivo edificato in zona vincolata».
Invero, «poiché l’autorizzazione paesaggistica, secondo l’art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004, costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei cd. abusi minori, tassativamente individuati dall’art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004. Tale preclusione, considerato che l’autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire, impedisce di conseguenza anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001».
La giurisprudenza amministrativa ha così sostenuto che la sanatoria di cui all’articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001 si fonda «sul rilascio di un provvedimento abilitativo sanante da parte della competente Amministrazione, sempre possibile previo accertamento di conformità o di non contrasto delle opere abusive non assentite agli strumenti urbanistici vigenti nel momento della realizzazione e in quello della richiesta, previo accertamento di compatibilità paesaggistica nelle ipotesi in cui l’area sia assoggettata a vincolo paesaggistico e che è tassativamente limitato alle sole fattispecie contemplate dall’art. 167 comma 4, d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, come da ultimo sostituito per effetto dell’art. 27, d.lg. 24 marzo 2006, n. 157» (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1874/2019).
Peraltro, è stato osservato che «siffatta disciplina normativa è strettamente connessa con la particolare rilevanza costituzionale attribuita ai beni ambientali, in quanto la garanzia degli stessi non è solo fine a sé stessa, ma anche strumentale alla preservazione di beni fondamentali come la salute e la vita», evidenziando come «la scelta del legislatore di consentire l’autorizzazione paesaggistica postuma esclusivamente per i c.d. “abusi minori” è in linea con i principi costituzionali della ragionevolezza e della parità di trattamento, oltre che con quelli dell’ordinamento comunitario, perché si muove su un piano di coerenza con l’accentuato profilo costituzionale dell’interesse pubblico alla preservazione del paesaggio» (T.A.R. Napoli, sez. VII, n. 4077/2022).