La sussidiarietà orizzontale declinata attraverso gli istituti della perequazione e della compensazione urbanistica: l’articolo 11 della L.R. n. 12/2005.
La L.R. n. 12/2005 consta di diverse disposizioni volte ad incentivare i fenomeni dell’urbanistica compensativa e perequativa (oltre che premiale), espressione della cd. «urbanistica consensuale e postvincolistica», nell’ambito della più ampia nozione definita di amministrazione per accordi: ci si riferisce, invero a quelle tecniche di pianificazione basate sull’utilizzo e sulla circolazione dei diritti edificatori, nell’ottica del superamento della metodica della cd. «zonizzazione» e dei relativi limiti, rappresentati tanto «dalla disparità di trattamento riservata ai proprietari di fondi del tutto omogenei a seconda della casualità della loro ubicazione», quanto «dai costi e dai tempi gravanti sugli enti pubblici attuatori per l’acquisizione espropriativa di determinate aree e la loro trasformazione a destinazione pubblica»[1].
Tali tecniche, in termini generali, consistono nel «riconoscimento ai proprietari chiamati a concorrere alla pianificazione generale di una posizione giuridica qualificata a fronte della cessione pattizia dei suoli, ovvero della imposizione su di essi di restrizioni o anche di vincoli assoluti di inedificabilità», laddove «l’insieme indistinto di queste posizioni giuridiche qualificate […] viene riassuntivamente indicato con il sintagma “diritti edificatori”»[2].
In proposito preme analizzare l’articolo 11 («Compensazione, perequazione ed incentivazione urbanistica») della L.R. n. 12/2005: i commi da 1 a 2-ter sono incentrati sulla perequazione, mentre al terzo comma viene disciplinata la compensazione. Il comma quarto della disposizione de qua affronta il tema della commerciabilità dei diritti edificatori, disciplinando il relativo registro comunale, venendo poi in rilievo, nei commi da 5 a 5-octies, un’importante ipotesi di premialità urbanistica («l’indice di edificabilità massimo previsto dal PGT è incrementato fino al 20 per cento […]») – introdotta ad opera della cd. «Legge sulla rigenerazione» del 2019 – a fronte della realizzazione di interventi sul patrimonio edilizio esistente che perseguano una o più delle finalità indicate dalla norma e volte, per l’appunto, al miglioramento ed alla riqualificazione urbana e territoriale.
Concentrandosi sul primo comma dell’articolo 11, si osserva che esso disciplina la perequazione cd. «ristretta» – detta anche «di comparto», in quanto tale forma perequativa trova radice nell’istituto del comparto edilizio – disponendo che «sulla base dei criteri definiti dal documento di piano, i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale possono ripartire tra tutti i proprietari degli immobili interessati dagli interventi i diritti edificatori e gli oneri derivanti dalla dotazione di aree per opere di urbanizzazione mediante l’attribuzione di un identico indice di edificabilità territoriale, confermate le volumetrie degli edifici esistenti, se mantenuti. Ai fini della realizzazione della volumetria complessiva derivante dall’indice di edificabilità attribuito, i predetti piani ed atti di programmazione individuano gli eventuali edifici esistenti, le aree ove è concentrata l’edificazione e le aree da cedersi gratuitamente al comune o da asservirsi, per la realizzazione di servizi ed infrastrutture, nonché per le compensazioni urbanistiche in permuta con aree di cui al comma 3».
Il secondo comma definisce invero la perequazione cd. «estesa» – in quanto riferita all’intero territorio comunale – prescrivendo che «sulla base dei criteri di cui al comma 1, nel piano delle regole i comuni, a fini di perequazione urbanistica, possono attribuire a tutte le aree del territorio comunale, ad eccezione delle aree destinate all’agricoltura e di quelle non soggette a trasformazione urbanistica, un identico indice di edificabilità territoriale, inferiore a quello minimo fondiario, differenziato per parti del territorio comunale, disciplinandone altresì il rapporto con la volumetria degli edifici esistenti, in relazione ai vari tipi di intervento previsti. In caso di avvalimento di tale facoltà, nel piano delle regole è inoltre regolamentata la cessione gratuita al comune delle aree destinate nel piano stesso alla realizzazione di opere di urbanizzazione, ovvero di servizi ed attrezzature pubbliche o di interesse pubblico o generale, da effettuarsi all’atto della utilizzazione dei diritti edificatori, così come determinati in applicazione di detto criterio perequativo».
Il comma 2-bis stabilisce che «i comuni possono determinare nel documento di piano i criteri uniformi di applicazione della perequazione urbanistica di cui al comma 2 in aree di trasformazione concordemente individuate nel territorio di uno o più di essi. In tal caso, le aree cedute alla rispettiva amministrazione comunale a seguito della utilizzazione dei diritti edificatori sono utilizzate per la realizzazione di servizi pubblici o di interesse pubblico o generale, di carattere sovracomunale, consensualmente previsti nel piano dei servizi del comune stesso […]», mentre il comma 2-ter – di recente introduzione[3] – prevede un’ipotesi di perequazione territoriale intercomunale, allargando ulteriormente il meccanismo perequativo e sancendo che «i comuni, anche in accordo con altri enti territoriali, possono prevedere, in relazione alle specifiche competenze e nel rispetto dei vincoli di destinazione previsti dalla normativa vigente, forme di perequazione territoriale intercomunale, anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato con risorse proprie o con quote degli oneri di urbanizzazione e altre risorse conseguenti alla realizzazione degli interventi concordati […]». Giova rammentare che la forma perequativa intercomunale si realizza efficacemente attraverso i piani associati, secondo quanto previsto dal comma 3-bis dell’articolo 7 («Piano di governo del territorio») della L.R. 12/2005.
Come anticipato, il comma terzo si occupa dell’istituto della compensazione urbanistica, statuendo che «fermo restando quanto disposto dall’articolo 1, commi da 21 a 24, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 […] alle aree destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico o generale, non disciplinate da piani e da atti di programmazione, possono essere attribuiti, a compensazione della loro cessione gratuita al comune, aree in permuta o diritti edificatori trasferibili su aree edificabili previste dagli atti di PGT anche non soggette a piano attuativo. In alternativa a tale attribuzione di diritti edificatori, sulla base delle indicazioni del piano dei servizi il proprietario può realizzare direttamente gli interventi di interesse pubblico o generale, mediante accreditamento o stipulazione di convenzione con il comune per la gestione del servizio».
[1] Cassazione civile sez. un., n. 23902/2020.
[2] Cassazione civile sez. un., n. 23902/2020.
[3] Il comma è stato aggiunto dall’articolo 3, comma 1, lett. o) della L.R. n. 18/2019.