GIUGNO 23 – Pianificazione attuativa convenzioni urbanistiche programmi integrati intervento

La pianificazione attuativa e le convenzioni urbanistiche nella legislazione nazionale.

La presente trattazione intende esaminare gli strumenti pianificatori attuativi delle scelte urbanistiche primarie contenute nel Piano regolatore generale (P.R.G) per poi soffermarsi, in ultima analisi, sui rapporti tra pianificazione attuativa e permesso di costruire e sui limiti di ammissibilità dell’attività edilizia in assenza di strumenti urbanistici di attuazione.

A livello nazionale, i Piani attuativi sono disciplinati, oltre che dalla legge urbanistica n. 1150/1942[1]– che, come vedremo, regolamenta nel dettaglio la struttura, i contenuti e i meccanismi di formazione ed esecuzione dei Piani particolareggiati e di lottizzazione – da una serie di leggi speciali che rispondono a diverse esigenze. Tali strumenti sono: il Piano Particolareggiato; il Piano di lottizzazione; il Piano di recupero; il Piano di zona e il Piano degli insediamenti produttivi.

Le convenzioni urbanistiche corredano i Piani di iniziativa privata e sono espressione della recessione dell’attività di Piano, intesa come attività autoritativa, a favore di una concezione del potere che privilegia il consenso e la ricerca dell’accordo con il privato nella specificazione degli elementi tipologici e quali-quantitativi, lasciati indeterminati dal Piano regolatore.

Il primo modello legale di convenzione urbanistica è quello introdotto dalla legge n. 765/1967 (cd. «Legge Ponte»[2])  con riferimento alla realizzazione di Piani di lottizzazione ad iniziativa di privati, a cui la legislazione successiva ha affiancato numerose ipotesi di convenzionamento in materia urbanistica in settori che spaziano dall’edilizia abitativa pubblica alla realizzazione di insediamenti produttivi, all’esecuzione di opere di urbanizzazione ed al recupero del patrimonio edilizio.[3]

Le convenzioni urbanistiche, assimilate agli accordi sostitutivi di provvedimento di cui all’articolo 11 della legge n. 241/1990[4], integrano il regime giuridico delle aree e disciplinano sia il rapporto tra le parti che la destinazione impressa al bene: la convenzione si presenta come un accordo avente oggetto pubblico attraverso cui l’Amministrazione realizza finalità istituzionali e di pianificazione urbanistica, attuando un bilanciamento tra gli interessi del privato proprietario dei beni e quelli di carattere generale.[5]

 

I Piani attuativi comunali e i Programmi integrati di intervento secondo la L.R. Lombardia n. 12/2005.

La Regione Lombardia all’articolo 6 della L.R. 12/2005[6] annovera tra gli strumenti della pianificazione comunale «il piano di governo del territorio», «i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale».

I Piani attuativi (P.A.), quali atti di pianificazione urbanistica comunale di cd. “secondo livello”, definiscono nel dettaglio le previsioni del Piano di governo del territorio (P.G.T.) e ne specificano i parametri urbanistici ed edilizi.

I Piani attuativi sono gerarchicamente subordinati al P.G.T.: l’articolo 12, comma 1 della L.R. n. 12/2005 dispone che «l’attuazione degli interventi di trasformazione e sviluppo indicati nel piano avviene attraverso i piani attuativi comunali, costituiti da tutti gli strumenti attuativi previsti dalla legislazione statale e regionale», per poi aggiungere al successivo comma 2 che «il documento di piano connette direttamente le azioni di sviluppo alla loro modalità di attuazione mediante i vari tipi di piani attuativi comunali».

Il compito dei Piani è di dare attuazione, specificandole, alle previsioni dettate dallo strumento urbanistico: «nei piani attuativi vengono fissate in via definitiva, in coerenza con le indicazione contenute nel documento di piano, gli incidici urbanistico-edilizi necessari alla attuazione delle previsioni dello stesso» (articolo 12, comma 3 L.R. n. 12/2005).

Il rapporto gerarchico non è tuttavia assoluto: con la legge n. 12/2005 la figura del Piano in variante è diventata da particolare e limitata a casi tipici stabiliti dalla previgente L.R. n. 23/1997, ad istituto di portata generale cui i Comuni lombardi possono fare ricorso ai sensi dell’articolo 14, comma 5 della L.R. n. 12/2005.[7]

Quanto agli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale, in Lombardia, la legge di riferimento per la programmazione negoziata è la L.R. n. 19/2019 – «Disciplina della programmazione negoziata di interesse regionale» – che fissa i criteri per attivare e gestire diversi strumenti di governo del territorio necessari per dare attuazione a programmi che comportano rilevanti impatti territoriali, quali i Programmi integrati di intervento e gli Accordi di Programma.

Il Programma integrato di intervento (P.I.I.) è lo strumento mediante il quale, nell’ambito delle previsioni del Documento di piano e nel rispetto delle previsioni del P.T.C.P. per le zone agricole, viene perseguita dai Comuni la riqualificazione del tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale del proprio territorio (articolo 87, comma 1 della L.R. n. 12/2005).

Quest’ultimo, «è utilizzabile, ove ne ricorrano le condizioni, per gli interventi sugli immobili di cui all’articolo 40-bis, comma 1, e in tutti gli altri casi in cui sia verificata la presenza di almeno due dei seguenti elementi:

  1. a) previsione di una pluralità di destinazioni e di funzioni, comprese quelle inerenti alle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico, alla riqualificazione ambientale, naturalistica e paesaggistica, alla rigenerazione urbana anche mediante la bonifica dei suoli contaminati;
  2. b) compresenza di tipologie e modalità di intervento integrate, anche con riferimento alla realizzazione e al potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
  3. c) rilevanza territoriale tale da incidere sulla riorganizzazione dell’ambito urbano»[8].

L’articolo 88 della L.R. n. 12/2005, nell’individuare l’ambito applicativo del Programma integrato d’intervento, dispone che lo stesso «si attua su aree anche non contigue tra loro, in tutto o in parte edificate o da destinare a nuova edificazione, ivi comprese quelle intercluse o interessate da vincoli espropriativi decaduti e con applicazione dell’indifferenziazione delle destinazioni d’uso di cui all’articolo 51 tra quelle assegnate dallo strumento urbanistico all’ambito di intervento, senza applicazione di alcuna parametrazione percentuale»[9] e «può interessare anche il territorio di più comuni confinanti».[10]

Il contenuto del P.I.I. – rispetto a quelli di un Piano attuativo che si limita specificare nel dettaglio le previsioni e le prescrizioni del P.G.T. – «persegue obiettivi di riqualificazione urbana e ambientale, con particolare riferimento ai centri storici, alle aree periferiche, nonché agli ambiti di cui all’articolo 8, comma 2, lettera e-quinquies)» (articolo 88, comma 3).

Sempre con riguardo agli ambiti di applicazione del Programma integrato di intervento, la L.R. n. 12/2005 detta norme speciali nel caso si tratti di aree destinate all’agricoltura (articolo 89) ovvero da destinate ad attrezzature pubbliche e di interesse pubblico generale (articolo 90).

 

 

[1] Legge 17 agosto 1942, n. 1150 – «Legge urbanistica».

[2] Legge 6 agosto 1967, n. 765 – «Modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150».

[3] Si evidenzia che, solo con l’entrata in vigore della cd. «Legge-ponte», le convenzioni urbanistiche ha acquisito autonoma rilevanza nel procedimento di pianificazione territoriale: invero, l’articolo 8 della n. 765/1967 ha inserito nell’articolo 28 della legge n. 1150/1942 l’obbligo, per chi intende procedere alle lottizzazioni di terreni a scopo edilizio, della stipula di una convenzione, disciplinandone il contenuto essenziale che sarà oggetto di approfondimento al paragrafo 3.

[4] Legge 7 agosto 1990, n. 241 – «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi».

[5] Consiglio di Stato, Sez. V, 03/02/2023, n. 1197.

[6] Legge Regionale 11 marzo 2005, n. 12 – «Legge per il governo del territorio».

[7] L’articolo 14, comma 5 della L.R. n. 12/2005 dispone che «qualora il piano attuativo introduca varianti agli atti di PGT, dopo l’adozione da parte del Consiglio comunale, si applica quanto previsto dall’articolo 13, commi da 4 a 12».

[8] Comma così modificato dall’art. 7, comma 3, L.R. n. 20/2020.

[9] Articolo 88, comma 1 della L.R. n. 12/2005.

[10] Articolo 88, comma 5 della L.R. n. 12/2005.