GIUGNO 23 – Il permesso di costruire convenzionato quale alternativa al Piano attuativo

Il permesso di costruire convenzionato quale alternativa al Piano attuativo.

L’articolo 28-bis del D.P.R. n. 380/2001 – introdotto dal decreto cd. “Sblocca Italia” (D.L. n. 133/2014) [1] con lo scopo di semplificare le modalità di intervento e favorire il recupero mediante azioni amministrative più snelle – disciplina il «Permesso di costruire convenzionato» quale nuovo istituto di attuazione delle previsioni del Piano regolatore generale.

Attraverso questa disposizione, il legislatore nazionale ha recepito una prassi diffusa a livello di legislazione regionale ed ha normato una figura di titolo edilizio suscettibile di trovare spazio laddove il ricorso alla pianificazione di secondo livello risulti sproporzionato rispetto alla finalità pubblica perseguita.

Più in particolare, l’articolo 28-bis stabilisce al primo comma che «qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata, è possibile il rilascio di un permesso di costruire convenzionato», e al secondo comma che «la convenzione, approvata con delibera del consiglio comunale, salva diversa previsione regionale, specifica gli obblighi, funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, che il soggetto attuatore si assume ai fini di poter conseguire il rilascio del titolo edilizio, il quale resta la fonte di regolamento degli interessi».

L’intervento comunale ai fini dell’approvazione della convenzione costituisce il momento propriamente urbanistico della fattispecie, nel quale dev’essere ponderata l’effettiva sussistenza dell’interesse pubblico a vedere soddisfatte le esigenze urbanizzative al di fuori della previsione di uno strumento attuativo.[2]

Il comma 3 precisa che «sono, in particolare, soggetti alla stipula di convenzione:

  1. a) la cessione di aree anche al fine dell’utilizzo di diritti edificatori;
  2. b) la realizzazione di opere di urbanizzazione fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, comma 1, lettera g) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (ora art. 1, comma 2, lett. e) e art. 36, comma 3 e 4, d.lgs. n. 50 del 2014, n.d.r.);
  3. c) le caratteristiche morfologiche degli interventi;
  4. d) la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale».

L’articolo 28-bis dispone al quarto comma che «la convenzione può prevedere modalità di attuazione per stralci funzionali, cui si collegano gli oneri e le opere di urbanizzazione da eseguire e le relative garanzie», e stabilisce al successivo comma quinto che «il termine di validità del permesso di costruire convenzionato può essere modulato in relazione agli stralci funzionali previsti dalla convenzione».

La norma in commento si chiude aggiungendo al comma 6 che «il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato è quello previsto dal Capo II del Titolo II della presente parte» – con ciò richiamando espressamente l’applicazione della disciplina che regolamenta il procedimento per il rilascio del permesso di costruire –  per poi specificare che «alla convenzione si applica altresì la disciplina dell’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241».

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che, anche se il succitato articolo 28-bis sembra avere prima facie una portata generale attraverso il richiamo secco alla disciplina del D.P.R. n. 380/2001 relativa al procedimento di formazione del permesso di costruire, senza alcun limite di compatibilità, in realtà la norma distingue i due momenti del convenzionamento e della formazione del titolo edilizio, che sono soggetti, stante anche la loro diversità funzionale, ad una disciplina differenziata.

Infatti, da un lato, «la norma in esame contempla la convenzione edilizia quale momento consensuale propedeutico alla formazione del titolo edilizio, che consente la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l’amministrazione pubblica relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire (TAR Torino, Sez. II, 26.09.2016, n. 1165). Si tratta di un atto che, a prescindere dalla natura giuridica che gli si voglia riconoscere, è soggetto alla preliminare approvazione da parte del Consiglio Comunale e alla stipula nelle forme proprie del negozio giuridico privatistico (art. 28 bis, comma 3), costituendo esso, a termini di legge, il presupposto necessario al fine di poter conseguire il rilascio del permesso di costruire». Dall’altro lato, «vi è invece la fase propriamente procedimentale rappresentata dalla formazione, anche per silentium, del titolo abilitativo vero e proprio, che segue la disciplina generale di cui all’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001, ed è finalizzata alla verifica della compatibilità dell’opera da insediare con le scelte operate dalla pianificazione dell’ente locale e con le regole edilizie che governano le attività di trasformazione del territorio». (T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. II, 22/08/2020, n.514).

L’articolo 28-bis, pertanto, coordina nell’ambito della definizione di un istituto complesso – qual è il permesso di costruire convenzionato – due strumenti giuridici differenti tanto nella funzione che nella natura (atto consensuale v. atto provvedimentale), rispetto ai quali, nonostante la genericità del rimando normativo operato dal citato articolo 28-bis, non può postularsi una disciplina omogenea.

In proposito, la giurisprudenza si è espressa circa l’operatività dell’istituto del silenzio-assenso (ex articolo 20, comma 8 del D.P.R. n. 380/2001[3]) al permesso di costruire convenzionato concludendo che quest’ultimo «possa trovare applicazione solo con riguardo al “momento provvedimentale” successivo alla stipula della convenzione, relativo all’emanazione del titolo edilizio sulla base delle regole generali che presiedono alla sua formazione. Solo con riferimento a tale fase, e non anche a quella convenzionale, può ritenersi operante il richiamo alla disciplina dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001 e postularne l’applicazione in termini generali, con riferimento sia all’emanazione espressa del permesso di costruire, sia alla sua formazione tramite silenzio assenso».[4]

Ne consegue che, l’istituto del silenzio-assenso può operare soltanto una volta che la convenzione sia stata preliminarmente approvata dall’organo consiliare e poi stipulata nelle forme proprie dell’atto negoziale, ma non quando detti adempimenti non siano stati effettuati.

 

[1] Introdotto dall’articolo 17, comma 1 lettera q) del D.L. n. 133/2014.

[2] T.A.R. Piemonte, sez. II 26/09/2016, n. 1165.

[3] L’articolo 20, comma 8 del D.P.R. n. 380/2001 prevede che «Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti».

[4] T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. II, 22/08/2020, n.514.