OTTOBRE 2023 – Annullamento del titolo abilitativo

Annullamento del titolo abilitativo: presupposti ed effetti della sanzione amministrativa. L’articolo 38 del D.P.R. n. 380/2001.

 

L’articolo 38 del D.P.R. n. 380/2001 regola la casistica relativa agli «Interventi eseguiti in base a permesso annullato», prevedendo che «in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale. La valutazione dell’agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa».

 

Assume poi assoluto rilievo – sotto il profilo degli effetti giuridici – il comma secondo dell’articolo de quo, il quale sancisce che «l’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36».

 

Il comma 2-bis, infine, prevede che «le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01» – vale a dire realizzabili mediante S.C.I.A. alternativa al permesso di costruire – «in caso di accertamento dell’inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo».

 

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 17 del 2020, è intervenuta in merito all’articolo 38, definendone l’ambito di applicabilità e sciogliendo un dubbio esegetico espresso dalla contrapposizione di tre distinti indirizzi giurisprudenziali in ordine all’individuazione dei «vizi delle procedure amministrative» richiamati dalla norma in commento:

  • un primo orientamento, «secondo il quale la fiscalizzazione dell’abuso sarebbe possibile per ogni tipologia dell’abuso stesso, ossia a prescindere dal tipo, formale ovvero sostanziale, dei vizi che hanno portato all’annullamento dell’originario titolo, secondo una logica che considera l’istituto come un caso particolare di condono di una costruzione nella sostanza abusiva»;
  • un secondo orientamento, sostenuto anche dalla Corte Costituzionale, «di carattere più restrittivo, secondo il quale la fiscalizzazione dell’abuso sarebbe possibile soltanto nel caso di vizi formali o procedurali emendabili, mentre in ogni altro caso l’amministrazione dovrebbe senz’altro procedere a ordinare la rimessione in pristino, con esclusione della logica del condono»;
  • un terzo orientamento, «intermedio, che si discosta da quello restrittivo per ritenere possibile la fiscalizzazione, oltre che nei casi di vizio formale, anche nei casi di vizio sostanziale, però emendabile: anche in tal caso, non vi sarebbe la sanatoria di un abuso, perché esso verrebbe in concreto eliminato con le opportune modifiche del progetto prima del rilascio della sanatoria stessa, la quale si distinguerebbe dall’accertamento di conformità di cui all’art. 36 dello stesso T.U. 380/2001 per il fatto che qui non sarebbe richiesta la “doppia conformità”[…]».

 

Orbene, l’Adunanza Plenaria, componendo il suddetto contrasto, ha affermato il seguente principio di diritto: «i vizi cui fa riferimento l’art. 38 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione»[1].

 

Sulla scia di tale pronuncia, peraltro, si è chiarito che la procedura di cd. «fiscalizzazione» dell’abuso riconducibile all’articolo in commento – essendo finalizzata a tutelare l’affidamento di chi ha realizzato l’intervento edificatorio in base a un titolo successivamente annullato – non è applicabile agli interventi per i quali sia stato rilasciato un permesso di costruire in sanatoria dichiarato illegittimo dal giudice penale, in quanto, in tal caso, l’edificazione è avvenuta in assenza di titolo abilitativo. Si è osservato, invero, che «con le disposizioni dettate dall’art. 38 “il legislatore ha inteso salvaguardare l’affidamento del soggetto che ha realizzato la costruzione in forza di titolo poi annullato” […]. In altri termini, il tenore letterale della locuzione “in caso di annullamento del permesso di costruire”, con cui si apre il comma 1, impone di ritenere che, nell’ambito applicativo dell’art. 38, rientrino le sole fattispecie in cui l’intervento edilizio sia stato realizzato in forza di un titolo abilitativo all’uopo precedentemente richiesto da un soggetto che abbia confidato sulla sua legittimità, ma che ne abbia successivamente subito l’annullamento […]. Tali conclusioni hanno ricevuto una definitiva conferma da un recente intervento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, secondo la quale “il pacifico effetto della disposizione in commento è quello di tutelare, al ricorrere di determinati presupposti e condizioni, l’affidamento ingeneratosi in capo al titolare del permesso di costruire circa la legittimità della progettata e compiuta edificazione conseguente al rilascio del titolo, equiparando il pagamento della sanzione pecuniaria al rilascio del permesso in sanatoria” (Cons. Stato, Ad. PI. 15/07/2020, n. 17, p. 4 della motivazione)» (Cassazione penale, sez. III, n. 11783/2023).

 

Si segnala infine l’articolo 39 – rubricato «Annullamento del permesso di costruire da parte della regione» – del D.P.R. n. 380/2001, con il quale si stabilisce che «entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione, possono essere annullati dalla regione» (comma 1); «il provvedimento di annullamento è emesso entro diciotto mesi dall’accertamento delle violazioni di cui al comma 1, ed è preceduto dalla contestazione delle violazioni stesse al titolare del permesso, al proprietario della costruzione, al progettista, e al comune, con l’invito a presentare controdeduzioni entro un termine all’uopo prefissato» (comma 2); «in pendenza delle procedure di annullamento la regione può ordinare la sospensione dei lavori, con provvedimento da notificare a mezzo di ufficiale giudiziario, nelle forme e con le modalità previste dal codice di procedura civile, ai soggetti di cui al comma 2 e da comunicare al comune. L’ordine di sospensione cessa di avere efficacia se, entro sei mesi dalla sua notificazione, non sia stato emesso il decreto di annullamento di cui al comma 1» (comma 3); «entro sei mesi dalla data di adozione del provvedimento di annullamento, deve essere ordinata la demolizione delle opere eseguite in base al titolo annullato» (comma 4); «i provvedimenti di sospensione dei lavori e di annullamento vengono resi noti al pubblico mediante l’affissione nell’albo pretorio del comune dei dati relativi agli immobili e alle opere realizzate» (comma 5); «le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01, non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della scadenza del termine di 30 giorni dalla presentazione della segnalazione certificata di inizio attività» (comma 5-bis).

 

[1] https://www.agalegale.it/2021/03/27/fiscalizzazione-dellabuso-edilizio/