Febbraio 2023 – La differenza tra abusi e tolleranze costruttive

La differenza tra abusi e tolleranze costruttive: la pronuncia del Consiglio di Stato.

 

Il concetto di tolleranza costruttiva è ora disciplinato dall’articolo 34-bis del D.P.R. n. 380/2001 – introdotto dal D.L. n. 76/2020, convertito dalla legge 120/2020 – che è andato a sostituire il vecchio comma 2-ter dell’articolo 34, il quale aveva una portata applicativa più ristretta.

Secondo la norma vigente «il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo».

La tolleranza costruttiva di cui al citato comma 1 dell’articolo 34-bis del D.P.R. n. 380/2001 – così come nell’originario comma 2-ter dell’articolo 34 del D.P.R. n. 380/2001 – fa rifermento ad una quota percentuale di alterazione del parametro costruttivo che l’ordinamento reputa essere irrisoria, con la conseguenza che essa non rileva dal punto di vista della sua perseguibilità su un piano amministrativo.

Tuttavia, rispetto alla disposizione previgente, tale norma fa riferimento non solo al mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta, ma «di ogni altro parametro» urbanistico o edilizio attinente alla fase di costruzione. Inoltre, l’indice per la valutazione della tolleranza costruttiva non fa più riferimento al 2 per cento delle misure progettuali, ma al 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo. [1]

Il secondo comma dell’articolo 34-bis del D.P.R. n. 380/2001 appare, invece, di assoluta novità in quanto introduce alcune ipotesi che il legislatore stesso qualifica come tolleranze esecutive che – a differenza di quelle previste al primo comma di tipo costruttivo – non richiede il rispetto di alcun requisito percentuale.

Il comma in menzione prevede, infatti, che fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del D.lgs.  n. 42/2004 («Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»), costituiscono, inoltre, «tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile».

Infine, la norma si chiude disponendo che, le tolleranze esecutive di cui al primo comma, sia quelle individuate dal secondo comma della disposizione in discorso, «realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali».

Tale previsione normativa supera per limpidezza il testo dell’abrogato articolo 34, comma 2-ter del D.P.R. n. 380/2001, nel quale il legislatore si limitava invece a statuire che con esse «non si ha parziale difformità dal titolo abilitativo». Sicché, la peculiarità della disposizione consiste proprio nel fatto che siffatte tolleranze sono espressamente considerate giuridicamente irrilevanti dal legislatore, risultando inidonee a generare una difformità dal titolo edilizio apprezzabile sul piano delle conseguenze sanzionatorie. In tal modo, non si verifica alcun meccanismo sanante, ma si dà luogo ad un sistema preclusivo, escludendo radicalmente che in alcun modo le fattispecie disegnate dal legislatore possano rappresentare una violazione delle disposizioni vigenti in materia edilizia.

Non si tratta, infatti, di una speciale causa di estinzione della fattispecie amministrativa sanzionabile (rientrante nella tipologia della parziale difformità), ma dell’affermazione normativa che le ipotesi in questione sono conformi alle norme, atteso che qualsivoglia meccanismo estintivo di una sanzione presupporrebbe, invece, una vicenda lesiva di un diritto o di un interesse legittimo. In questo senso, assume un ruolo essenziale il «tecnico abilitato», intendendosi per tale qualsiasi tecnico abilitato al quale la legge affida la predisposizione di progetti edilizi.[2]

In tale prospettazione, con la sentenza n. 8709 del 12 ottobre 2022, il Consiglio di Stato ha affermato che è illegittimo il provvedimento con il quale viene ordinato la rimessa in pristino dello stato dei luoghi, in relazione ad un abuso edilizio nel caso lo stesso si traduca in una modifica di lieve entità, con sostanziale assenza di pregiudizio all’interesse pubblico urbanistico e, pertanto, in mancanza di una valida ragione per l’interesse pubblico tutelato, mancando quindi l’esistenza di un abuso rilevante, che potrebbe giustificare l’irrogazione della sanzione edilizia.[3]

Ad avviso dei giudici di Palazzo Spada, nel caso oggetto della pronuncia in menzione, non sono infatti integrati gli elementi che per giurisprudenza costante sono richiesti per una difformità che deve conseguire la demolizione ed il ripristino: «opere non rientranti tra quelle consentite, che abbiano una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo anche in quello della valutazione economico-sociale, e (…)  un modesto aumento di volume e di altezze di piano rispetto alla consistenza dell’edificio come originariamente progettato, senza dare luogo a nuovi organismi edilizi autonomamente utilizzabili (ex multis Cons. Stato, sez. VI, n. 7024/2022id., n. 756/2022)».

Alla luce di quanto sopra, l’insussistenza dell’abuso comporta in ogni modo l’inapplicabilità dell’articolo 31 del D.P.R. 380/2001 – rubricato «Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali» – con sequela di dover disporre l’annullamento dell’ordine di demolizione.

 

[1] L’articolo 34, comma 2-ter disponeva infatti che «Ai fini dell’applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali».

[2]Foro Amministrativo (Il), fasc.5, 1° MAGGIO 2021, pag. 867, «Lo stato legittimo degli immobili, le tolleranze e la dichiarazione tecnica».

[3] Consiglio di Stato, sez. VI, 11 maggio 2018 n. 2837; id., n. 3371/2018.