LUGLIO 2023 – Opere stagionali art 6 DPR 380 01

Casistica: le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee. Modifiche alla lettera e-bis) dell’articolo 6 del D.P.R. n. 380/2001.

 

Il cd. «Decreto SCIA 2» – segnatamente l’articolo 3, comma 1, lettera b), numero 3), del D.lgs. n. 222/2016 – ha aggiunto al primo comma dell’articolo 6 del D.P.R. n. 380/2001 la lettera e-bis), con la quale si prevedeva che potessero essere realizzate in regime di edilizia libera le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all’amministrazione comunale.

 

Successivamente è intervenuto il cd. «Decreto Semplificazioni 2020[1]» che – mediante le modifiche apportate dall’articolo 10, comma 1, lettera c) – ha sostituito la lettera de qua la quale, rispetto alla formulazione previgente, contempla oggi anche le opere stagionali ed innalza i tempi massimi di utilizzo delle strutture, aumentandoli a centottanta giorni in luogo dei precedenti novanta.

 

La relazione illustrativa al D.L. n. 76/2020 – provvedimento normativo che ha introdotto tale modifica – ha avuto cura di esplicitare come la ratio della previsione vada rinvenuta nell’importanza che tali strutture amovibili assumono per alcune importanti attività che si svolgono soprattutto nella stagione estiva (bar, trattorie, stabilimenti balneari) e nella conseguente necessità che la realizzazione e la rimozione delle stesse sia puntualmente regolamentata dalla legge piuttosto che affidata alla valutazione del singolo Comune in carenza di una disciplina univoca.

 

La disposizione, dunque, attualmente prevede che – fatte salve, come già rammentato, le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, nonché delle disposizioni contenute nel cd. «Codice dei beni culturali e del paesaggio» – sono eseguibili senza alcun titolo abilitativo «le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale».

 

Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 1489/2023 – resa in relazione ad una fattispecie avente ad oggetto le strutture a corredo di attività commerciali comunemente «denominate con l’espressione di derivazione francese dehors» – ha affermato, in merito alle opere di cui alla lettera e-bis) del primo comma dell’articolo 6, che «dalla lettura della norma emergono due elementi connotanti le strutture de quibus:

 

– uno funzionale, consistente cioè nella finalizzazione alle esigenze dell’attività, che devono tuttavia essere “contingenti e temporanee”, intendendosi per tali quelle che, in senso obiettivo, assumono un carattere onotologicamente temporaneo, quanto alla loro durata, e contingente, quanto alla ragione che ne determina la realizzazione, e che in ogni caso (cioè quale che ne sia la “contingenza” determinante), non superano comunque i centottanta giorni (termine che, è bene ribadirlo, deve comprendere anche i tempi di allestimento e smontaggio, riducendosi in tal modo l’uso effettivo ad un periodo inferiore ai predetti 180 giorni);

 

– l’altro strutturale, ovvero l’avvenuta realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale (e quindi al più tardi nel termine di centottanta giorni dal giorno di avvio dell’istallazione, coincidente con quello di comunicazione all’amministrazione competente)».

 

In ordine all’occupazione di suolo pubblico con arredi al servizio delle attività commerciali giova peraltro segnalare che il cd. «Decreto Milleproroghe 2023[2]», mediante l’articolo 1, comma 22-quinquies, ha modificato l’articolo 40, comma 1, del cd. «Decreto Aiuti-ter[3]», prorogando l’applicazione del comma quinto dell’articolo 9-ter del cd. «Decreto Ristori[4]» sino al 31 dicembre 2023, salvo disdetta dell’interessato: orbene, con quest’ultima disposizione – originariamente introdotta al fine di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all’emergenza da COVID-19 – si prevede la possibilità per i pubblici esercizi, titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l’utilizzazione del suolo pubblico, di posare arredi e strutture in opera temporaneamente, senza previa autorizzazione di cui agli articoli 21 e 146 del cd. «Codice dei beni culturali e del paesaggio[5]» su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico fino al 31 dicembre 2023. Tale semplificazione autorizzativa riguarda alcune strutture amovibili funzionali all’attività degli esercizi stessi, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, rispetto alle quali è finanche disapplicato il limite temporale di cui all’articolo 6, comma 1, lettera e-bis) del D.P.R. n. 380/2001[6].

 

 

[1] D.L. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 120/2020.

[2] D.L. n. 198/2022, convertito, con modificazioni dalla L. n. 14/2023.

[3] D.L. n. 144/2022, convertito, con modificazioni dalla L. n. 175/2022.

[4] D.L. n. 137/2020, convertito, con modificazioni dalla L. n. 176/2020.

[5] D.lgs. n. 42/2004.

[6] https://biblus.acca.it/dehors-e-milleproroghe/