maggio 23 scomputo contributo di urbanizzazione e opere a scomputo

Il meccanismo dello scomputo del contributo di urbanizzazione mediante l’esecuzione di opere.

La realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo della quota del contributo di costruzione relativa agli oneri di urbanizzazione è regolata dal D.P.R. n. 380/2001 e dal cd. «Codice dei contratti pubblici» e negli anni ha subito numerose modifiche per adeguarsi a specifici richiami comunitari rispondenti a principi di libera concorrenza di tutti gli operatori interessati.

Prima di passare ad esaminare la disciplina posta dal «Codice dei contratti pubblici» in merito all’affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo – che richiederà di rapportare la normativa del D.lgs. n. 50/2016 con quella introdotta dal nuovo Codice degli appalti (D.lgs. n. 36/2023)[1] – si intende ora procedere al vaglio di quanto disposto in materia dall’articolo 16 del D.P.R. n. 380/2001 alla luce delle più recenti pronunce della giurisprudenza amministrativa.

L’articolo 16 prevede al secondo comma che «a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione […] con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune», per poi aggiungere al successivo comma 2-bis che «nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (ora art. 35, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 – n.d.r.), funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».[2]

La ratio dell’istituto va individuata nella possibilità offerta all’Amministrazione locale di dotarsi di opere di urbanizzazione senza assumere direttamente i rischi legati alla loro realizzazione: difatti, «l’ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell’amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse senza obbligo di specifica motivazione) ed un vero e proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione ovvero dell’impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso atto di “accettazione” consensuale da parte della stessa amministrazione […] anche informale, purché espresso». (T.A.R. Catanzaro, (Calabria) sez. II, 08/04/2022, n.612)

Da quanto detto discende che «l’esenzione totale o parziale dal pagamento degli oneri di urbanizzazione deve provenire non già da un’autonoma determinazione del titolare della concessione edilizia, bensì da un atto della p.a. procedente alla realizzazione delle opere stesse, anche di natura convenzionale, che fissi il tipo e l’entità delle opere ammesse a scomputo e la quota di oneri che su tale presupposto non è dovuta» (Consiglio di Stato sez. IV, 20/06/2022, n.5061).

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito i confini applicativi della norma de qua rilevando che «la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, consente al privato titolare del permesso, di accedere allo scomputo totale o parziale della voce del contributo di costruzione corrispondente agli oneri di urbanizzazione, ma non anche allo scomputo della voce relativa al costo di costruzione, trattandosi di debito di diritto pubblico che, in assenza di espressa deroga legislativa, può essere estinto solo mediante pagamento in forma monetaria». Infatti,  «la natura eccezionale dell’art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, rispetto alla regola generale secondo cui i debiti regolati da norme di diritto pubblico si estinguono con un pagamento in moneta, porta a concludere per l’insussistenza di un diritto allo scomputo del costo di costruzione, ancorché questi sia previsto dalla convenzione accessiva al titolo edilizio, stante l’indisponibilità del credito di diritto pubblico per l’Ente impositore, in ordine non solo all’an e al quantum, ma anche al quomodo, ossia alle modalità di esecuzione del credito stesso». (Consiglio di Stato sez. IV, 31/12/2019, n. 8919).[3][4]

Si discute, invece, sulla possibilità di procedere al cd. scomputo globale ed indifferenziato degli oneri di urbanizzazione, a prescindere dalla riconducibilità delle opere realizzate alla categoria delle opere di urbanizzazione primaria ovvero alla categoria delle opere di urbanizzazione secondaria. [5]

La giurisprudenza amministrativa ha da sempre accolto con favore tale soluzione secondo cui la stessa trova giustificazione nell’articolo 16, comma 2 del D.P.R. n. 380/2001, il quale non effettua alcuna distinzione tra oneri di urbanizzazione primaria e oneri di urbanizzazione secondaria.[6] Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha evidenziato come, in sede applicativa, le parti della convenzione urbanistica – o della convenzione che accede a un permesso di costruire – ben possano stabilire che la realizzazione a carico dell’esecutore dell’intervento edilizio sia limitata ad una sola delle due tipologie di oneri di urbanizzazione.

La questione cambia radicalmente prospettiva se analizzata alla luce della giurisprudenza contabile, la quale ha respinto tale eventualità muovendo dall’assunto secondo cui verrebbero in rilievo due categorie non omogenee di opere pubbliche da realizzare a vantaggio della collettività situata all’interno del territorio oggetto di trasformazione urbanistica, come tali non interscambiali ed infungibili fra di loro.

In tale prospettazione, assume particolare rilievo la deliberazione n. 154/2018 con cui la Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, ha aderito all’orientamento della giurisprudenza amministrativa riconoscendo, per la prima volta, l’ammissibilità dello scomputo globale ed indifferenziato delle somme dovute con riferimento agli oneri urbanizzativi, a prescindere dalla tipologia delle opere realizzate dal soggetto attuatore.[7]

La Corte dei Conti lombarda, tra le ragioni poste a sostegno del proprio revirement,  ha evidenziato l’intervenuta espunzione ad opera dell’articolo 21 della L.R. n. 7/2010 dell’avverbio «distintamente» dal testo dell’articolo 46, comma 1, lettera b) della L.R. 12/2005[8], con il conseguente riconoscimento in linea generale – e fatta salva la presenza, all’interno delle convenzioni urbanistiche, di clausole diverse e più onerose – della possibilità di procedere, cumulativamente e senza distinzione, allo scomputo indifferenziato.

 

Le opere di urbanizzazione a scomputo nel Codice dei contratti (D.lgs. n. 50/2016).

Esaminata la disciplina normativa posta in tema di opere di urbanizzazione a scomputo dal D.P.R. n. 380/2001, procediamo ora – senza peraltro alcuna pretesa di esaustività – alla disamina della normativa recata dal Codice dei contratti in merito all’affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo e, prima di soffermarci su quanto disposto con la recente approvazione del D.lgs. n. 36/2023, la nostra analisi non può esimersi dal fornire un breve cenno relativo alle principali tappe che ne hanno caratterizzato l’evoluzione normativa.

In tale contesto, non si può prescindere dalla menzione del cd. «Caso Bicocca»[9] con cui la Corte di Giustizia – risolvendo il contrasto creatosi tra la normativa urbanistica nazionale e regionale allora vigente[10] e i principi comunitari di parità di trattamento dei concorrenti trasfusi nella legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/1994 (cd. «Legge Merloni»)- si è espressa nel senso che la disciplina sull’evidenza pubblica osta a una normativa nazionale che consenta in ambito urbanistico al titolare del permesso o di un piano di lottizzazione approvato l’esecuzione dirette delle opere di urbanizzazione nell’ambito del rapporto contrattuale nel quale la controprestazione dell’Amministrazione consiste nella rinuncia a pretendere il pagamento dell’importo dovuto a titolo di contributo per gli oneri di urbanizzazione sia primaria che secondaria.

A tale pronuncia sono seguiti una sequela di interventi normativi che hanno reiteratamente modificato la disciplina: dapprima, il legislatore è intervenuto riformulando l’articolo 2, comma 5 della cd. «Legge Merloni» – precisando che le opere di urbanizzazione a scomputo non rientrano nel relativo campo di applicazione, salvo che la soglia della singola opera sia di importo superiore alla soglia comunitaria[11] – sino ad arrivare alla disciplina recata dal nuovo Codice appalti (D.lgs. n. 36/2023), pubblicato in Gazzetta ufficiale il 31 marzo 2023.

Prima di analizzare la normativa introdotta dal nuovo Codice, appare opportuno fornire un breve inquadramento normativo della disciplina posta dal D.lgs. n. 50/2016, il quale all’articolo 1, comma 2 lettera e), dispone che sottostanno alla disciplina degli appalti pubblici «i lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire o un altro titolo abilitativo, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso […] ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione». Il successivo comma 3 aggiunge che ai soggetti di cui al comma 2, e), «non si applicano gli articoli 21 relativamente alla programmazione dei lavori pubblici, 70 e 113. In relazione alla fase di esecuzione del contratto si applicano esclusivamente le norme che disciplinano il collaudo».

Per l’esecuzione di opere di urbanizzazione a scomputo per importi inferiori alle soglie comunitarie l’articolo 36 del D.lgs. n. 50/2016 prevede al comma 3 che  «per l’affidamento dei lavori pubblici di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), del presente codice, relativi alle opere di urbanizzazione a scomputo per gli importi inferiori a quelli di cui all’articolo 35, si applicano le previsioni di cui al comma 2»[12]; mentre, il successivo comma 4 contiene una deroga che esenta l’applicazione del Codice dei contratti pubblici «nel caso di opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a), calcolato secondo le disposizioni di cui all’articolo 35, comma 9, funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio», ai quali «si applica l’articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».

Il quadro normativo sinteticamente analizzato è destinato ad essere superato dal D.lgs. n. 36/2023 che ha relegato la materia ad uno degli allegati del Codice espungendolo del tutto dal corpo normativo “principale”: a differenza del D.lgs. 50/2016, solo l’articolo 13, comma 7[13] richiama l’istituto in esame, sancendo, in linea di principio, l’applicazione delle disposizioni del Codice stesso, ma rimandando, per il resto, all’Allegato I.12 che ne definisce l’ambito di applicazione nonché modalità di affidamento.

Nel dettaglio, l’Allegato I.12 – rubricato «Opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione (Articolo 13, comma 7)» –  individua all’articolo 1 «le modalità di affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo previste dall’articolo 13, comma 7, del Codice, per le quali non trovano applicazione gli articoli 3745, e 81 del codice. In relazione alla fase di esecuzione del contratto si applicano esclusivamente le norme che disciplinano il collaudo di cui all’articolo 116 del codice».

L’Amministrazione che rilascia il permesso di costruire o altro titolo abilitativo può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, l’avente diritto a richiedere il titolo presenti all’Amministrazione stessa in sede di richiesta del suddetto titolo un progetto di fattibilità tecnica ed economica delle opere da eseguire, con l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto.[14]

L’articolo 3, nel disciplinare le «Modalità di affidamento», prevede che «l’Amministrazione, sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, indice una gara con le modalità previste dagli articoli 71 e 72 del Codice», e «stabilisce che il contratto ha per oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori»; per poi prevedere all’ultimo comma che «l’offerta economica deve indicare distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione esecutiva, per l’esecuzione dei lavori e per i costi della sicurezza».

Al successivo articolo 4 è specificato che «per l’affidamento dei lavori pubblici di cui all’articolo 13, comma 7, del Codice, relativi alle opere di urbanizzazione a scomputo per gli importi inferiori a quelli di cui all’articolo 14 del Codice, si applicano le previsioni di cui all’articolo 50, comma 1, del Codice»; mentre il comma 5 aggiunge che «nel caso di opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), del codice, calcolato secondo le disposizioni di cui all’articolo 14, comma 9, del codice, funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, si applica l‘articolo 16, comma 2-bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».

 

[1] Si rammenta che ai sensi dell’articolo 229, del D.lgs. n. 36/2023– rubricato «Entrata in vigore»è previsto che «il codice entra in vigore, con i relativi allegati, il 1° aprile 2023», mentre al successivo comma 2 che «le disposizioni del codice, con i relativi allegati, acquistano efficacia il 1° luglio 2023».

[2] cfr. paragrafo 8.

[3] Si segnala un secondo filone interpretativo secondo cui: «Se la natura tributaria del contributo correlato ai costi di costruzione esclude la disponibilità dell’an e del quantum debeatur, non elimina, tuttavia, la possibilità di sostituire il versamento con forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche stabilite dalle parti e, in particolare, dall’ente comunale; il carattere indisponibile dell’obbligazione tributaria non si traduce infatti nella imposizione di una sola forma solutoria dei costi di costruzione che, fermo il quantum e la doverosità della prestazione, non ha alcuna tipizzazione monetaria inderogabile; deve pertanto escludersi che l’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001 possa decretare la nullità assoluta della clausola compensativa convenzionale e imporre una sostituzione automatica della stessa con la regola del versamento pecuniario». (T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. II, 18/06/2018, n.1525)

[4] Ciò nonostante, si rileva che la L.R. n. 18/2019 sul recupero e la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente – integrando l’articolo 46 della L.R. n. 12/2005 – ha previsto che  «nel caso in cui la realizzazione di attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale prevista in convenzione non sia correlata alla necessità di garantire il reperimento della dotazione di cui all’articolo 9 e l’approntamento delle opere e delle infrastrutture sia totalmente aggiuntivo rispetto al fabbisogno generato dalle funzioni in previsione, è ammessa la possibilità di dedurre gli importi di dette opere o attrezzature a compensazione del contributo afferente il costo di costruzione di cui all’articolo 48».

[5] M. ColomboR. Ragozzino«Manuale di edilizia e urbanisticaLe nuove sfide e le opportunità del PNRR» ed. 2022, pag. 315 ss.; Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc. 2, 2019, pag. 384 – «Lo scomputo degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione nella più recente giurisprudenza contabile e amministrativa» – C. Pagliaroli.

[6] Il T.A.R. Campania sull’argomento replica l’orientamento più volte espresso, in forza del quale «può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 della l. 18 gennaio 1977, n. 10) delle due categorie di opere vieta all’interprete di introdurre una siffatta distinzione». (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 31.01.2017, n. 179)

[7] Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc. 2, 2019, pag. 384 – «Lo scomputo degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione nella più recente giurisprudenza contabile e amministrativa» – C. Pagliaroli.

[8] L’articolo 46, rubricato «Convenzione di piani attuativi» – al comma 1, lett. b) prevede che «La convenzione, alla cui stipulazione è subordinato il rilascio dei permessi di costruire ovvero la presentazione delle segnalazioni certificate di inizio attività relativamente agli interventi contemplati dai piani attuativi, oltre a quanto stabilito ai numeri 3) e 4) dell’articolo 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), deve prevedere (…)b) la realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; le caratteristiche tecniche di tali opere devono essere esattamente definite; ove la realizzazione delle opere comporti oneri inferiori a quelli previsti [distintamente] per la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della presente legge, è corrisposta la differenza; al comune spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione inerenti al piano attuativo, nonché all’entità ed alle caratteristiche dell’insediamento e comunque non inferiore agli oneri previsti dalla relativa deliberazione comunale».

[9] Con la decisione del 12 luglio 2001 la Corte di Giustizia è intervenuta a seguito di un ricorso promosso dall’Ordine degli Architetti al T.A.R. Lombardia, contro l’amministrazione comunale di Milano. Il Consiglio comunale aveva approvato il cd. “progetto Scala 2001” che prevedeva, tra i vari interventi, la costruzione del Teatro degli Arcimboldi nella zona detta della Bicocca, la quale era già interessata da una lottizzazione, ad iniziativa privata, volta alla riconversione urbanistica dell’ex area industriale. Il Comune concludeva con i proprietari lottizzanti una convenzione in base alla quale, a scomputo degli oneri di urbanizzazione ancora dovuti, si sarebbero obbligati a realizzare la progettazione e la realizzazione del teatro. Il T.A.R., dubitando della conformità della legislazione italiana in tema di appalti con quella europea – che imponeva la lo svolgimento di una gara pubblica per la realizzazione di un’opera di urbanizzazione di valore superiore a quello fissato dalla Direttiva 93/37/CE- ha sollevato questione pregiudiziale dinanzi la Corte del Lussemburgo.

[10] Gli art. 11 della legge n. 10/1977, artt. 28 e 31 della legge n. 1150/1942, artt. 8 e 12 della L.R. Lombardia n. 60/1977 consentivano in capo al costruttore (titolare di concessione edilizia o di piano di lottizzazione approvato) la diretta realizzazione di opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale della quota dovuta.

[11] Nello specifico, lai sensi dell’articolo 2, comma 5 della L. 109/1994 – rubricato «Ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della legge» – «Le disposizioni della presente legge non si applicano agli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo di contributi connessi ad atti abilitanti all’attività edilizia o conseguenti agli obblighi di cui al quinto comma dell’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, o di quanto agli interventi assimilabile; per le singole opere d’importo superiore alla soglia comunitaria i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla citata direttiva 93/37/CEE».

[12] Il richiamato comma 2 prevede una precisa gerarchia di scelta sulle modalità di affidamento di lavori di importo infra-soglia.

[13] L’articolo 13, comma 7 del D.lgs. n. 36/2023 «le disposizioni del codice si applicano, altresì, all’aggiudicazione dei lavori pubblici da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell’articolo 16, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell’articolo 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione. L’allegato I.12 individua le modalità di affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione».

[14] Come previsto dall’articolo 2 dell’Allegato I.12.