Marzo 2023 – Il parere tardivo della Soprintendenza nel rilascio

Il parere tardivo della Soprintendenza nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica: i diversi orientamenti della giurisprudenza amministrativa circa l’operatività del silenzio-assenso

 

Dopo aver analizzato la disciplina posta dall’articolo 146 in riferimento agli aspetti procedimentali del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, si intende ora soffermarsi su quanto previsto dal comma 9 del D.lgs. 42/2004 secondo cui «decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione».

Detta disposizione ha generato un articolato contrasto in giurisprudenza amministrativa in ordine all’applicabilità dell’articolo 17-bis della legge n. 241/1990[1] nonché alla validità del parere tardivo della Soprintendenza e alla sua indefettibilità, o meno, ai fini del successivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’amministrazione competente, i cui differenti orientamenti sono stati riportati dalla recente sentenza T.A.R. Salerno, (Campania) sez. II, 2 novembre 2022, n. 2896.

I giudici salernitani, nell’affrontare la tematica de qua, hanno evidenziato preliminarmente che «il comune punto di partenza delle opposte opinioni è che l’articolo 17-bis si attaglia ai soli procedimenti cd. “orizzontali”, ossia con fase decisoria pluristrutturata. La disposizione richiede, cioè, che le due amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) condividano la funzione decisoria, nel senso che entrambe devono essere titolari di un potere decisorio sostanziale. Al contrario, nel caso in cui un’amministrazione abbia un ruolo meramente formale, nel senso che raccoglie e trasmette l’istanza all’altra amministrazione, unica decidente, la decisione risulta mono-strutturata ed il beneficiario del provvedimento va individuato nel solo soggetto privato (procedimento c.d. “orizzontale”)».

Ciò premesso, il filone negativo all’operatività del silenzio assenso in materia di autorizzazione paesaggistica muove dal fatto che essa costituisce un provvedimento mono-strutturato, essendo il relativo procedimento attivato ad istanza della parte privata interessata e non della P.A. procedente. Il rapporto tra Regione/Ente locale e Soprintendenza è dunque meramente interno, ossia finalizzato a co-gestire non la fase decisoria, ma quella istruttoria.

Viene rimarcata, inoltre, l’estraneità alla funzione di tutela del paesaggio di «ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi», atteso che il parere è «atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica», in cui il giudizio di compatibilità paesaggistica «deve essere … tecnico e proprio del caso concreto».

In base all’indirizzo suesposto, dunque, «il parere reso tardivamente non è inefficace ma non vincola la P.A. procedente, alla quale tocca tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici».[2] Tanto, in applicazione del comma 9 dell’articolo 146, in base al quale, «decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del Soprintendente, senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione»: norma non espressamente abrogata dall’articolo 17-bis della legge n. 241/1990, la quale istituisce una forma di silenzio devolutivo, per definizione incompatibile con il silenzio assenso.

Un originale orientamento di segno contrario, ma in realtà dotato di ricadute pratiche alquanto simili all’articolo 17-bis, è stato più recentemente assunto dalla Sezione VI del Consiglio che, preliminarmente nega che esistano ragioni di natura sostanziali per negare che sul parere soprintendentizio si possa formare il silenzio assenso, non inferendosi ciò dal mero fatto che il procedimento “principale” sia avviato ad istanza di un privato ed anzi evidenziando «che la disciplina del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, disegnata dall’art. 146 del D.lgs. 42/2004, per vari aspetti rispecchia quella del silenzio assenso ex art. 17-bis».[3]

L’ostacolo all’applicazione della norma semplificatoria è, viceversa, costituito dalla scansione procedimentale indicata dal comma 9 dell’articolo 146, secondo cui «“l’amministrazione competente”, cioè la regione o l’ente delegato, “provvede comunque”: dal che si desume che in tal caso l’amministrazione procedente è tenuta ad adottare il provvedimento finale in maniera espressa, ma non necessariamente nel senso precedentemente prefigurato».

Più precisamente, «se presupposto all’art. 146, comma 9, vi fosse la formazione di un silenzio assenso ai sensi dell’art. 17-bis, la norma avrebbe dovuto prevedere, per coerenza, che anche il tal caso l’amministrazione procedente adottasse il provvedimento finale “in conformità”: in tal caso, “in conformità” alla proposta iniziale, sulla quale la Soprintendenza non ha espresso motivi ostativi». Tanto, induce a ritenere che «il legislatore non ha voluto che si producesse tale effetto, quale conseguenza del comportamento silente della Soprintendenza, come è reso evidente dal fatto che in tal caso l’amministrazione procedente è tenuta a provvedere “comunque” e non “in conformità”».

Ciò nondimeno, i giudici di Palazzo Spada hanno osservato che «dal punto di vista pratico cambia poco rispetto alla fattispecie del silenzio assenso ex art. 17-bis, perché è evidente che il provvedimento finale, anche in tal caso, deve rispecchiare la proposta originaria trasmessa alla Soprintendenza: diversamente il provvedimento adottato risulterebbe illegittimo in quanto emesso su una proposta non precedentemente sottoposta al parere della Soprintendenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 5799 dell’11 dicembre 2017); l’amministrazione procedente, tuttavia, non essendosi formato un silenzio assenso da parte della Soprintendenza, potrebbe avere un ripensamento e quindi potrebbe decidere di riformulare la proposta originaria, senza perciò incorrere in un provvedimento in autotutela, non essendosi ancora formato un provvedimento definitivo». Pertanto, «l’atto finale dell’amministrazione procedente, a meno di un “ripensamento” circa la propria posizione originaria, non potrà che essere favorevole al privato, pena l’illegittimità di un diniego, che sarebbe emesso in assenza di una precedente proposta in tal senso sottoposta al parere della Soprintendenza».

La sentenza in commento richiama, infine, un terzo orientamento di segno positivo “senza condizioni” all’applicabilità dell’istituto del silenzio assenso al parere della Soprintendenza, che muove dalla considerazione per cui tutti i pareri vincolanti partecipano alla formazione di un provvedimento finale pluri-strutturato, in quanto la decisione dell’amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra amministrazione. Ne consegue che, a tali pareri, si applica pertanto l’articolo 17-bis, diversamente che ai pareri consultivi (non vincolanti), che restano assoggettati alla disciplina di cui agli artt. 16 e 17 della legge n. 241/1990.

Secondo tale indirizzo giurisprudenziale «la formulazione testuale del comma 3 dell’art. 17-bis consente di estendere il meccanismo del silenzio assenso anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali e la salute dei cittadini, di modo che, scaduto il termine fissato dalla normativa di settore, vale la regola generale del silenzio assenso».[4]

Così, altre sentenze, pur non affrontando il tema dell’operatività dell’articolo 17-bis, definiscono il parere della Soprintendenza «espressione di cogestione attiva del vincolo paesaggistico» (Consiglio di Stato, sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4843; idem, 18 marzo 2021, n. 2358; idem, 19 marzo 2021 n. 2390), «nel quale l’apprezzamento di merito correlato alla tutela del valore paesaggistico è rimesso alla Soprintendenza». (Consiglio di Stato, sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3145).

A fronte di  tale ricognizione sugli orientamenti della giurisprudenza sul silenzio assenso relativo alla richiesta di parere effettuata dall’Amministrazione alla Soprintendenza, il T.A.R. Salerno ha dichiarato di aderire al primo – oramai consolidato – contrario all’applicabilità dell’articolo 17-bis al parere paesaggistico: di conseguenza, il parere della Soprintendenza tardivamente reso non è inefficace, ma semplicemente non vincolante per la P.A. procedente, alla quale spetta tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici.

 

[1] Si rammenta che l’articolo 17-bisrubricato «Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici» dispone che: «1. Nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell’amministrazione procedente. Esclusi i casi di cui al comma 3, quando per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi è prevista la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l’atto, la proposta stessa è trasmessa entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest’ultima amministrazione. Il termine è interrotto qualora l’amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l’assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; lo stesso termine si applica qualora dette esigenze istruttorie siano rappresentate dall’amministrazione proponente nei casi di cui al secondo periodo. Non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.

  1. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. Esclusi i casi di cui al comma 3, qualora la proposta non sia trasmessa nei termini di cui al comma 1, secondo periodo, l’amministrazione competente può comunque procedere. In tal caso, lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, è trasmesso all’amministrazione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne l’assenso ai sensi del presente articolo. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.
  2. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all’articolo 2non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
    4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi».

[2] cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 27 luglio 2020, n. 4765idem, 29 marzo 2021, n. 2640; idem, 7 aprile 2022, n. 2584.

[3] cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4098.

[4] cfr. Consiglio di Stato, comm. spec., 23 giugno 2016, n. 1640, reso su uno specifico quesito posto dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione; idem, sez. VI, 1° ottobre 2019, n. 6556; idem, sez. IV, 14 luglio 2020, n. 4559; idem, sez. V, 14 gennaio 2022, n. 255).