MARZO 2023 Sussidiarietà Maastricht e Francia

L’introduzione del principio di sussidiarietà nel Trattato di Maastricht.

 

Nel quadro normativo sovranazionale una tappa fondamentale del processo di positivizzazione del principio di sussidiarietà è rappresentata dal Trattato sull’Unione europea firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, con cui si è dato inizio ad una nuova fase della storia europea dando alle comunità precedenti una dimensione politica[1].

 

Nel preambolo del Trattato il principio de quo viene richiamato nel definire premesse ed obiettivi degli Stati firmatari «[…] DECISI a portare avanti il processo di creazione di un’unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini, conformemente al principio della sussidiarietà[2]»: già dal citato passaggio si comprende come tale principio abbia assunto un ruolo cardine «IN PREVISIONE degli ulteriori passi da compiere ai fini dello sviluppo dell’integrazione europea» proprio all’interno dell’atto che ne ha sancito ufficialmente l’istituzione come Unione europea.

 

Tra i cambiamenti istituzionali di maggior rilievo vi è poi il riferimento al principio di sussidiarietà nell’accezione verticale, inteso a definire i rapporti istituzionali con gli Stati membri[3].

 

Tra le «Disposizioni che modificano il trattato che istituisce la comunità economica europea per creare la comunità europea» si è così previsto l’inserimento, all’interno di quest’ultimo, dell’articolo 3 B, secondo il quale «la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato.

Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.

L’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato[4]».

 

A titolo di completezza si segnala, inoltre, che attualmente – a seguito delle molteplici modifiche ai Trattati intervenute – la norma di cui sopra è confluita nel Trattato sull’Unione Europea, che all’articolo 5 sancisce:

«1.   La delimitazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione. L’esercizio delle competenze dell’Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.

  1. In virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri.
  2. In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.

Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di sussidiarietà conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. I parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del principio di sussidiarietà secondo la procedura prevista in detto protocollo […]»[5].

 

 

 

 

Le esperienze applicative del principio di sussidiarietà in ambito europeo. Il caso della Francia: le débat public.

 

In ambito europeo è possibile rinvenire dei significativi esempi di applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale nelle esperienze di alcuni Stati membri.

 

Uno dei casi di maggior interesse è rappresentato dalla prassi, affermatasi in Francia, del dibattito pubblico (débat public) con precipuo riguardo al contesto ambientale, che ne ha costituito il principale campo di applicazione: grazie a tale strumento, ritenendo che tutti i cittadini abbiano il diritto di essere informati e di partecipare all’elaborazione delle decisioni pubbliche aventi incidenza ambientale, si è difatti consentito ai privati di prendere parte al relativo processo deliberativo.

 

In tale ottica vengono in rilievo due diritti complementari tra loro: da un lato il diritto di accesso alle informazioni e, dall’altro, quello alla partecipazione. L’accesso ad un’informazione completa rappresenta, invero, una condizione necessaria affinché i cittadini possano intervenire, al di fuori delle elezioni, nel processo decisionale, prendendo parte al dibattito e difendendo un punto di vista al fine di esercitare una reale influenza sulle determinazioni finali.

 

I diritti all’informazione ed alla partecipazione sono stati consacrati all’interno della Constitution (Costituzione) francese nel 2005, dall’articolo 7 della Charte de l’environnement (Carta ambientale), a mente del quale ogni persona ha il diritto, secondo le condizioni e nei limiti stabiliti dalla legge, di accedere alle informazioni relative all’ambiente detenute dalle autorità pubbliche e di partecipare all’elaborazione delle decisioni pubbliche aventi un impatto ambientale[6].

 

Il Code de l’environnement (Codice ambientale) ha inoltre previsto, per i progetti infrastrutturali aventi impatto ambientale, delle procedure specifiche che permettono l’esercizio di tali diritti sotto l’egida della Commission nationale du débat public (CNDP – Commissione nazionale per il dibattito pubblico) [7], autorità indipendente la cui istituzione risale al 1995 ad opera della cd. «Loi Barnier[8]» («Legge Barnier»).

 

È appena il caso di osservare come il dibattito pubblico rappresenti un importante strumento di democrazia partecipativa, che in Francia – così come in altri Paesi europei – si è affermata soprattutto in alcuni settori quali l’ambiente e l’urbanistica, originandosi dalle lotte e dalle rivendicazioni degli anni ’60 del secolo scorso, che hanno messo in discussione il modo di concepire e costruire la città nella sua dimensione urbana e sociale ed hanno condotto, negli anni ’80-’90, all’istituzionalizzazione delle forme di partecipazione dell’opinione pubblica e dei  cittadini.

 

La democrazia partecipativa, invero, si distingue da altre forme democratiche caratterizzanti le democrazie moderne, quali la democrazia rappresentativa, quella diretta, quella elettiva e quella deliberativa, che a ben vedere ne costituisce una sorta di estensione.

 

Se, difatti, la democrazia partecipativa designa tutti i processi di interazione tra il decisore pubblico o i responsabili politici ed i cittadini, nell’ottica di un effettivo coinvolgimento dell’opinione pubblica nell’assunzione di una decisione finale (riferendosi a numerose prassi – spontanee e non istituzionali – di esperimenti democratici organizzati dalla collettività, da associazioni, ecc.), la democrazia deliberativa ne rappresenta una declinazione in cui viene prestata particolare attenzione allo scambio strutturato, argomentato ed informato: in questi termini il dibattito pubblico (dèbat public) organizzato dalla CNDP può pertanto essere definito ad un tempo partecipativo, in quanto l’obiettivo è quello di consentire alla collettività di partecipare ad un processo decisionale, e deliberativo, dal momento che un dibattito pubblico rappresenta per definizione uno scambio pubblico di argomenti[9].

 

[1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM:xy0026

[2] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:11992M/TXT&from=IT

[3] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM:xy0026

[4] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:11992M/TXT&from=IT

[5] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:12016M005&from=IT

[6] Charte de l’environnement, articolo 7: «Toute personne a le droit, dans les conditions et les limites définies par la loi, d’accéder aux informations relatives à l’environnement détenues par les autorités publiques et de participer à l’élaboration des décisions publiques ayant une incidence sur l’environnement» (https://www.debatpublic.fr/vos-droits-668).

[7] https://www.debatpublic.fr/vos-droits-668

[8] Legge del 2 febbraio 1995. Cfr. https://www.debatpublic.fr/notre-histoire-206.

[9] https://www.debatpublic.fr/la-democratie-participative-669