Valutazioni ambientali – incidenza della regolarità edilizia e urbanistica nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Valutazioni ambientali: VIA e VAS a confronto.
Passando all’esame della disciplina in tema di valutazioni ambientali nella pianificazione, preme richiamare «la giurisprudenza che si è espressa in materia di rapporto tra valutazione ambientale strategica (VAS) e valutazione di impatto ambientale (VIA)», la quale ha statuito che:
«- “la VAS concerne la pianificazione e la programmazione alle quali l’amministrazione è obbligata, ed è concomitante alla stessa così da favorire l’emersione e l’evidenziazione dell’interesse ambientale di modo che esso venga in via prioritaria considerato dall’amministrazione; la VIA concerne i singoli progetti ed è necessaria ai fini della verifica dell’entità dell’impatto ambientale dell’opera proposta, in guisa da stimolare soluzioni mitigative da valutare secondo il principio dello sviluppo sostenibile, sino all’opzione “zero”, qualora l’impatto non sia evitabile neanche con l’adozione di cautele” (Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2569);
– La valutazione ambientale strategica (c.d. v.a.s.), introdotta dal d.lg. 3 aprile 2006 n. 152 è una valutazione di compatibilità ambientale relativa ai piani e ai programmi, così come stabilito dall’art. 5 comma 1 lett.a) del succitato d.lg., e non già ai singoli progetti, per i quali il legislatore ha predisposto il diverso strumento del procedimento di valutazione impatto ambientale (cd. v.i.a.) [Cons. Stato, Sez. IV., 6 maggio 2013, n. 2446];
– Con particolare riguardo alla VIA, poi, essa “analizza l’impatto ambientale del singolo progetto, il che vuol dire che essa prende in esame impatti inevitabilmente più circoscritti – perché il progetto riguarda una porzione del territorio in ogni caso più ridotta rispetto a quella investita dal piano – ma maggiormente valutabili – perché il progetto, rispetto al piano, si basa su dati concreti, necessariamente definiti e più attuali rispetto a quelli avuti presenti in sede di redazione del piano e quindi di effettuazione della VAS” (T.A.R. Marche, sez. I, 6 marzo 2014, n. 291);
[…] ne deriva da quanto detto che, mentre la VAS compie una valutazione di piani e programmi in senso più in orizzontale e dunque generale su effetti negativi per l’ambiente e, soprattutto, sulle possibili misure di mitigazione, quello compiuto nella VIA sui singoli progetti ossia gli atti applicativi del piano (che debbono essere coerenti con la pianificazione oggetto della VAS) è giocoforza un giudizio più in verticale e dunque condotto con maggiore analiticità, approfondimento e specificità con riguardo non solo agli effetti ma anche – e soprattutto – alle misure di mitigazione e di compensazione da implementare con il progetto stesso;
[…] A siffatte conclusioni è agevole pervenire non solo sulla base della giurisprudenza testé richiamata ma anche sulla base di una piana lettura del dato normativo di cui al codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006) da cui si ricava che:
– gli effetti e gli impatti significativi debbono essere descritti sia nel rapporto ambientale di cui all’art. 13, comma 4, del suddetto codice ambiente (VAS), sia nello studio di impatto ambientale di cui al successivo art. 22 stesso codice in materia di VIA (cfr. comma 3, lettera b);
– le misure di mitigazione debbono essere contemplate sia nel “Rapporto VAS” (cfr. Allegato VI, lettera g) sia nello “Studio VIA” (cfr. art. 22, comma 3, lettera c);
– ad ogni buon conto, con riguardo al “Rapporto VAS” […] “le informazioni da fornire nel rapporto ambientale … possono essere ragionevolmente richieste … tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma”;
– e ciò sta proprio a significare che nel “Rapporto VAS” le indicazioni su impatti negativi e correlate misure di mitigazione debbono essere sì fornite ma in modo anche più generale (e non generico) ossia con un livello di dettaglio e di approfondimento che può ben essere rinviato alla successiva ed eventuale fase di VIA sui singoli progetti che saranno poi formulati sulla base proprio delle previsioni di piano» (Consiglio di Stato, sez. V, 26/05/2023, n. 5219/2023).
L’ incidenza della regolarità edilizia e urbanistica nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Una recente pronuncia del Consiglio di Stato ha chiarito che, in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la valutazione dell’autorità procedente deve tener conto dei soli profili paesaggistici ed ambientali: la verifica non può dunque riguardare anche gli aspetti attinenti alla regolarità urbanistica ed edilizia dell’opera, quali lo stato legittimo dell’immobile di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis del D.P.R. n. 380/2001[1].
Preliminarmente sono stati richiamati i dati normativi rilevanti nella fattispecie oggetto di causa:
«a) art. 9 bis, commi 1 e 1bis, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 per cui:
<<1. Ai fini della presentazione, del rilascio o della formazione dei titoli abilitativi previsti dal presente testo unico, le amministrazioni sono tenute ad acquisire d’ufficio i documenti, le informazioni e i dati, compresi quelli catastali, che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni e non possono richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla veridicità e sull’autenticità di tali documenti, informazioni e dati.
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali…>>;
- b) art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 che, ai primi 4 commi, stabilisce che:
<<1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.
- I soggetti di cui al comma 1 hanno l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall’avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione.
- La documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato. Essa è individuata, su proposta del Ministro, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, e può essere aggiornata o integrata con il medesimo procedimento.
- L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio…>>;
- c) art. 146 comma 6 del d.lgs. n. 42 del 2004 per cui <<6. La regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali. Può tuttavia delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia>>;
- d) art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 31 del 2017 che prevede che <<1. L’istanza di autorizzazione paesaggistica relativa agli interventi di lieve entità è compilata – anche in modalità telematica – secondo il modello semplificato di cui all’Allegato “C” ed è corredata da una relazione paesaggistica semplificata, redatta da un tecnico abilitato, nelle forme di cui all’Allegato “D”. Nella relazione sono indicati i contenuti precettivi della disciplina paesaggistica vigente nell’area, è descritto lo stato attuale dell’area interessata dall’intervento, è attestata la conformità del progetto alle specifiche prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici, se esistenti, è descritta la compatibilità del progetto stesso con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento e sono altresì indicate le eventuali misure di inserimento paesaggistico previste>>.
Così delineato il quadro normativo rilevante nella vicenda sottoposta all’esame del Supremo Consesso amministrativo, è stato affermato che il tenore testuale dell’articolo 9-bis del D.P.R. n. 380 del 2001 prevede chiaramente che «l’accertamento dello stato legittimo dell’immobile sul quale debbano essere autorizzati ulteriori lavori valga per il rilascio di tutti i titoli di cui al medesimo t.u. edilizia – compresi quelli relativi alla normativa tecnica di cui alla parte II del medesimo t.u. (fra cui quelli concernenti la disciplina antisismica, sul conglomerato cementizio, sulle barriere architettoniche) – tra i quali non rientra l’autorizzazione paesaggistica».
Si è peraltro ricordato «che «il problema del significato e dell’estensione dell’accertamento dello “stato legittimo” è stato esaminato di recente dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 217 del 2022) che, chiamata a pronunciarsi dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sulla legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Veneto 30 giugno 2021, n. 19 (Semplificazioni in materia urbanistica ed edilizia per il rilancio del settore delle costruzioni e la promozione della rigenerazione urbana e del contenimento del consumo di suolo – “Veneto cantiere veloce”) – che ha introdotto l’art. 93-bis nella legge della Regione Veneto 27 giugno 1985, n. 61 (Norme per l’assetto e l’uso del territorio) prevedendo, rispetto a due distinte fattispecie, altrettante definizioni del concetto di stato legittimo degli immobili a fini edilizio-urbanistici – ha riconosciuto fondata la questione propostale, prospettata in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente all’art. 9 bis, comma 1bis, t.u. edilizia.
Nella suddetta pronuncia la Corte ha sottolineato che <<5.- La disposizione regionale impugnata afferisce all’urbanistica e all’edilizia e, pertanto, si ascrive – secondo la giurisprudenza di questa Corte – alla materia di legislazione concorrente “governo del territorio”, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 245, n. 124, n. 77, n. 64 e n. 2 del 2021, n. 70 del 2020, n. 290, n. 264, n. 175 e n. 2 del 2019, n. 68 del 2018, n. 232, n. 107, n. 84 e n. 73 del 2017, n. 233 del 2015, n. 272 del 2013, n. 303 del 2003). Relativamente a tale ambito, deve certamente condividersi l’assunto del ricorso, che ravvisa un principio fondamentale della materia nell’art. 9-bis, comma 1-bis, t.u. edilizia, introdotto dall’art. 10, comma 1, lettera d), numero 1), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120…>>.
Esaminando la disciplina dettata in tale articolo, la Corte, nella decisione citata, ha, in particolare, evidenziato che <<5.2.- La previsione statale individua, dunque, in termini generali, la documentazione idonea ad attestare lo “stato legittimo dell’immobile”, definendo i tratti di un paradigma le cui funzioni – comprovate anche dai lavori preparatori – sono quelle di semplificare l’azione amministrativa nel settore edilizio, di agevolare i controlli pubblici sulla regolarità dell’attività edilizio-urbanistica e di assicurare la certezza nella circolazione dei diritti su beni immobili>> precisando che <<Il contenuto prescrittivo di ampio respiro e le finalità generali perseguite dalla norma depongono a favore della sua qualifica in termini di principio fondamentale della materia, ciò che trova conferma nella sua stessa collocazione topografica nell’ambito delle “Disposizioni generali” del Titolo II della Parte I t.u. edilizia, dedicato ai “Titoli abilitativi”…>>.
[…] Tanto premesso, seguendo il ragionamento sviluppato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza, non può dubitarsi che i criteri di determinazione dello stato legittimo dell’immobile rappresentino un principio fondamentale della materia, “che richiede una disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale” e non ammette modifiche o integrazioni né da parte di previsioni regionali difformi, né, deve concludersi, da parte di disposizioni relative ad ambiti ed interessi diversi a quello urbanistico-edilizio, sia pure eventualmente connessi ad esso come quello paesaggistico».
Si è così sostenuto che «anche per la giurisprudenza di questo Consiglio (sez. II, 13 febbraio 2023 n. 1489; sez. IV, 19 maggio 2020 n. 3170) in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica si deve tener conto dei soli profili paesaggistici ed ambientali non potendo (più) verificarsi in quella sede anche il cd. “stato legittimo” dell’immobile.
[…] Tale soluzione ermeneutica, oltre ad essere coerente con il preciso dettato dell’art. 9 bis del t.u. edilizia, rappresenta il risultato del puntuale raffronto tra:
- a) il nuovo “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata” (d.P.R. 13 febbraio 2017 n. 31) che all’art. 8 – Semplificazione documentale – prescrive che nella relazione paesaggistica semplificata debbano essere indicati soltanto <<i contenuti precettivi della disciplina paesaggistica vigente nell’area,… lo stato attuale dell’area interessata dall’intervento, … la conformità del progetto alle specifiche prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici, se esistenti, …la compatibilità del progetto stesso con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento e … le eventuali misure di inserimento paesaggistico previste>>;
- b) il precedente “Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità a norma dell’art. 146 comma 9 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42” (d.P.R. 9 luglio 2010 n. 139) che, all’art. 2, sempre in tema di “Semplificazione documentale”, richiedeva che nella medesima relazione il tecnico abilitato attestasse <<altresì la conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia>>.
Da tale modifica normativa deriva la necessità, come detto, per l’autorità procedente (titolare della cura degli interessi paesaggistici, in questo caso il Comune), di valutare specificamente in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica l’incidenza dell’intervento progettato dal richiedente sul paesaggio in senso lato, e non gli aspetti attinenti alla regolarità urbanistica ed edilizia dell’opera, stante l’autonomia strutturale e funzionale del titolo paesaggistico rispetto a quelli implicanti l’accertamento della legittimità urbanistico-edilizia del medesimo progetto (cfr. fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 13 aprile 2016 n. 1436; 21 agosto 2013 n. 4234; 27 novembre 2010 n. 8260 e sez. VI, 3 maggio 2022 n. 3446). La medesima autonomia dei profili paesaggistici dagli aspetti urbanistico-edilizi si riscontra nel “diritto vivente” della giurisprudenza costituzionale e penale (della Cassazione), secondo il quale i reati in materia edilizia e paesaggistica si riferiscono alla tutela di interessi pubblici e beni giuridici distinti, con tutte le conseguenze in tema di concorso dei reati, cause di estinzione dei reato, e via discorrendo (cfr. Corte cost. n. 439 del 2007, n. 378 del 2007, n. 144 del 2007, Cass. pen., sez. III, 22 marzo 2013, n. 13783; sez. un., 28 novembre 2001, Salvini, sez. V, 7 settembre 1999, Savia; sez. III, 4 aprile 1995, Marano).
[…] Una interpretazione contraria, che ammetta una commistione tra i diversi profili e una “confusione” dei poteri, <<si pone in contrasto con il principio di legalità che innerva l’azione amministrativa, perché amplia praeter legem (o contra legem) quello che è l’ambito di competenza dell’amministrazione procedente, in quanto la obbligherebbe a considerare e a pronunciarsi su profili non rimessi, dal legislatore, alla sua cura e al suo apprezzamento>> , frustrando <<anche ulteriori principi dell’attività amministrativa, quali quelli di non aggravamento del procedimento e di certezza dell’azione amministrativa>> (Cons. Stato sez. IV n. 3170 del 2020 cit.)» (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3006/2023).
[1] https://www.legislazionetecnica.it/10023618/news-edilizia-appalti-professioni-tecniche-sicurezza-ambiente/autorizzazione-paesaggistica-e-regolarit-edilizia-e-urbanistica