La nullità del contratto preliminare di compravendita in presenza di abusi edilizi.
Il tema dell’applicabilità o meno delle norme edilizio-urbanistiche al contratto preliminare di vendita avente ad oggetto un immobile abusivo richiede di affrontare due questioni: la prima riguarda l’applicabilità al contratto preliminare dell’obbligo di menzione degli estremi della concessione edilizia che ha assentito l’immobile in vendita ai fini della validità dello stesso, mentre la seconda attiene alla relativa implicazione in caso di trasferimento coattivo dell’immobile ai sensi dell’art. 2932 c.c.[1]
Al riguardo, appare utile ricordare che il contratto preliminare di compravendita immobiliare è quel contratto a forma scritta, con il quale una parte (cd. “promittente venditrice”) si obbliga a vendere all’altra parte (cd. “promittente acquirente”) la proprietà dell’immobile al prezzo e secondo le modalità e i termini stabiliti nel contratto medesimo, obbligandosi così a stipulare il contratto definitivo di compravendita con il quale verrà trasferita la proprietà. Il contratto preliminare rappresenta, quindi, un tipico esempio di contratto ad effetti obbligatori in cui le parti si obbligano ad attuare tutti gli atti preparatori per la conclusione del contratto definitivo.
Fino a tempi recenti una parte della giurisprudenza era incline nel ritenere applicabile la sanzione della nullità di cui agli esaminati artt. 17 e 40 della legge n. 47/1985 (ora art. 46 del D.P.R. n. 380/2001) anche al contratto preliminare per mancata indicazione nell’atto di vendita degli estremi del titolo edilizio, ovvero della concessione in sanatoria: invero, secondo tale orientamento (v., Cassazione civile sez. II, 17/10/2013, n. 23591; Cassazione civile sez. II, 17/12/2013, n. 28194) il fatto che l’articolo 40, comma 2, della legge n. 47/1985 faccia riferimento agli atti di trasferimento, cioè agli atti che hanno una efficacia reale immediata, mentre il contratto preliminare di cui si discute abbia efficacia semplicemente obbligatoria, non elimina dal punto di vista logico che non può essere valido il contratto preliminare avente ad oggetto la stipulazione di un contratto nullo per contrarietà alla legge.
Per contro, è stato evidenziato come la volontà di colpire la contrattazione avente ad oggetto immobili abusivi mediante l’estensione della nullità ai contratti preliminari – seppur coerente con la necessità di evitare la commercializzazione di immobili abusivi – non sempre trova rispondenza in relazione al contratto preliminare, rischiando di comprimere irragionevolmente l’autonomia privata delle parti che, ad esempio, legittimamente potrebbero impegnarsi a compravendere un immobile abusivo al momento del perfezionamento del contratto preliminare, da regolarizzarsi in vista del contratto definitivo.[2]
Raccogliendo tali perplessità, l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità sposa la teoria secondo cui la sanzione della nullità va riferita esclusivamente ai contratti con efficacia reale e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita: “La sanzione della nullità prevista dall’art. 40 l. n. 47 del 1985 per i negozi relativi a immobili privi della necessaria concessione edificatoria trova applicazione limitatamente ai contratti con effetti traslativi e non anche a quelli con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, non soltanto in ragione del tenore letterale della norma, ma anche perché la dichiarazione di cui all’art. 40, comma 2, della medesima legge, in caso di immobili edificati anteriormente all’1 settembre 1967, o il rilascio della concessione in sanatoria possono intervenire successivamente al contratto preliminare. Ne consegue che, in queste ipotesi, rimane esclusa la sanzione della nullità per il successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex art. 2932 c.c.” (Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, n. 6191).
Residua, tuttavia, la possibilità che il promittente alienante, resosi inadempiente nella fase stragiudiziale, non ottemperi alla produzione dei documenti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile precludendo di fatto al giudice, investito della domanda ex art. 2932 c.c., di pronunziare la sentenza sostitutiva del contratto definitivo: ed infatti, la regolarità urbanistica è presupposto essenziale anche per l’emanazione della sentenza ex art. 2932 c.c., avendo quest’ultima funzione sostitutiva dell’atto negoziale programmato dalle parti, “non potendo tale pronuncia realizzare un effetto maggiore e diverso da quello possibile alle parti nei limiti della loro autonomia negoziale” (Cassazione civile sez. II, 02/09/2020, n. 18195).[3]
Al fine di ottenere la pronuncia di trasferimento coattivo di cui al richiamato art. 2932 c.c., è interessante richiamare la recente pronuncia n. 14976/2023 con cui gli ermellini hanno evidenziato come “nel caso in cui il promittente alienante, resosi inadempiente, si rifiuti di produrre i documenti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile ovvero di rendere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui all’art. 40 legge 28 febbraio 1985, n. 47, deve essere consentito al promissario acquirente di provvedere a tale produzione o di rendere detta dichiarazione al fine di ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c., dovendo prevalere la tutela di quest’ultimo a fronte di un inesistente concreto interesse pubblico di lotta all’abusivismo, sussistendo di fatto la regolarità urbanistica dell’immobile oggetto del preliminare di compravendita” (Cassazione civile sez. II, 29/05/2023, n. 14976).
A tal proposito è stato chiarito come l’inderogabilità e la cogenza delle forme di manifestazione della dichiarazione di cui all’art. 40 della legge n. 47/1985 non valgono per il promissario acquirente, con la conseguenza che “al promissario acquirente, in caso di mancato assolvimento del relativo onere probatorio incombente sul promittente venditore, deve ritenersi permesso di supplire – nel suo interesse e al fine di realizzare lo scopo che le parti si erano prefisse con la stipula del contratto preliminare – a tale omissione, o rendendo la dichiarazione di regolarità urbanistica personalmente ovvero (cioè in alternativa) producendo la necessaria produzione documentale che attesti detta regolarità, la quale può, certamente, consistere in una perizia giurata di un tecnico di fiducia incaricato dalla stessa parte promissaria acquirente, che l’abbia fatta propria con la sua produzione in sede giudiziale, così derivandone la diretta riferibilità alla medesima (e non, invece, ad un terzo)”.[4]
Sarebbe oggettivamente irragionevole sostenere che è idonea allo scopo una dichiarazione personale del promissario acquirente relativa alla suddetta regolarità (o la produzione, ad opera della stessa parte, di un atto notorio) ai fini dell’assolvimento del citato onere probatorio, mentre non lo è una perizia giurata acquisita agli atti del processo su impulso della stessa parte, il cui contenuto dichiarativo non può che intendersi riferibile alla medesima, avendolo fatto proprio con la produzione della stessa perizia avvenuta in sede giudiziale, ragion per cui le dichiarazioni risultanti da tale documento non possono – per il soddisfacimento dello scopo propriamente ad esso correlabile – ritenersi attribuibili ad un terzo, e, quindi, ad un soggetto non legittimato.
[1] L’art. 2932 c.c. – rubricato “Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto” – al comma 1 dispone che “Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”, per poi precisare al successivo comma 2 che “Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile”.
[2] Ufficio Studi, Segnalazioni novità giurisprudenziali. Contratto preliminare e normativa urbanistica. Gli ultimi orientamenti della Cassazione, 2014.
[3] E’ stato così statuito che “in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto preliminare avente ad oggetto un terreno sul quale insistono anche delle costruzioni, non può essere emanata sentenza di trasferimento coattivo prevista dall’art. 2932 c.c., in assenza, non solo del certificato di destinazione urbanistica del terreno del d.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 30, ma anche della dichiarazione, contenuta nel preliminare, o successivamente prodotta in giudizio, sugli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, che costituiscono un requisito richiesto a pena di nullità dal d.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, ed integrano una condizione dell’azione ex art. 2932 c.c., non potendo tale pronuncia realizzare un effetto maggiore e diverso da quello possibile alle parti nei limiti della loro autonomia negoziale”.
[4] Cassazione civile sez. II, 29/05/2023, n. 14976.